Mati
iscritto: 07/09
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Questo uno degli slogan ripetuti a Milano nei giorni scorsi durante una fiaccolata organizzata dal centro-destra dalle parti della moschea di via Padova.
Quando parliamo dei problemi di oggi, della necessità che il nostro fare memoria della storia diventi insegnamento, penso in modo particolare proprio a questo clima di intolleranza che in Italia sta dilagando e che diventa oggetto delle campagne elettorali da Zaia a Vendola. Mi chiedo cosa posso fare IO (oltre ad andare a votare!) e la risposta non mi pare così semplice. Provo lo stesso a darmela.
Prima di tutto penso di dovermi INFORMARE, tenere gli occhi aperti, cuore e mente spalancati.
Le informazioni e le idee devono poi essere confrontate con altri, perchè possano essere arrichite, ampliate o anche corrette.
Poi, come adulto, come genitore sento il dovere di "passare" il risultato di queste riflessioni a quelli che vengono dopo, rispetto ai quali sento una grande responsabilità. Con i figli, almeno per ora che sono piccoli, le occasioni non mancano, sono menti curiose a cui basta dare il "la", basta sentire anche solo uno stralcio di conversazione, un commento di mamma o papà per far nascere mille domande, come di recente è successo sui fatti di Rosarno. Ma fuori, quali responsabiltà educative abbiamo e come le possiamo affrontare? Come possiamo creare le occasioni?
Su questo vorrei con voi confrontarmi e aprire magari nuovi percorsi.
Condivido con voi una riflessione sull'argomento di Erri De Luca:
"Che dà allo straniero pane e vestito: questo dice di sé la divinità nella scrittura sacra, che dà allo straniero pane e vestito. E alla creatura umana dice: e amerai lo straniero, perché stranieri foste in terra d'Egitto. Circa cento volte la Bibbia scrive la tutela dello straniero, circa cento volte. Insiste la divinità col verbo amare, con il più forte sentimento e la più potente energia del corpo umano. Amare, che fa del bene prima di tutto a chi ama, prima ancora di far del bene all'altro, allo straniero. Amare: non tollerare, non respingere alla rinfusa donne incinte. E nessuno dica: ma perché partono incinte queste benedette donne e ragazze! ... perché non partono incinte.
Vengono violate regolarmente a ogni frontiera africana.
Nasce tra i clandestini, il suo primo grido è coperto dal rumore del giro delle eliche. Gli staccano il cordone e senza fare il nodo lo affidano alle onde. I marinai li chiamano Gesù, questi cuccioli nati sotto Erode e Pilato messi insieme. Niente di queste vite è una parabola, nessun martello di falegname batterà le ore nell'infanzia e i chiodi nella carne. Nasce tra i clandestini l'ultimo Gesù, passa da un'acqua di placenta a quella del mare senza terra ferma, perché vivere ha già vissuto e dire ha detto, e non può togliere una spina dai rovi che incoronano le tempie: sta con quelli che esistono il tempo di nascere, va con quelli che durano un'ora.
Siamo gli innumerevoli - raddoppia ogni casella di scacchiera - lastrichiamo di corpi il vostro mare per camminarci sopra; non potete contarci: se contati aumentiamo, figli dell'orizzonte che ci rovescia a sacco. Nessuna polizia può farci prepotenza più di quanto già siamo stati offesi. Faremo i servi, i figli che non fate, le nostre vite saranno i vostri libri di avventura. Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino, l'odore che perdeste, l'uguaglianza che avete sottomesso. Da qualunque distanza arriveremo a milioni di passi, noi siamo i piedi e vi reggiamo il peso. Spaliamo neve, pettiniamo prati, battiamo tappeti, raccogliamo il pomodoro e l'insulto. Noi siamo i piedi e conosciamo il suolo passo a passo, noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera.
Uno di noi, a nome di tutti, ha detto: Non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno."