Questa è la storia di una donna che ha vissuto tre vite.
Lisetta (Maria Elisa) è rinata dal dolore che per tre volte l'ha schiantata. Tre donne diverse con un'unica storia. Che è un'avventura. Quanto sta per raccontare è talmente doloroso ancora nel suo cuore che nonostante sia accaduto settanta anni fa la sua voce si fa commossa e sofferta e i suoi occhi vispi si inumidiscono...
“...taci, ti prego...”. Ricorda emozionata la sua prima infanzia, in un paese vicino ad Udine. Figlia di un mezzadro, allevata nell'aia della cascina del padrone, insieme ai fratelli, alle sorelle, ai cugini. Una grande famiglia contadina allargata, sempre affaccendata nella conduzione della cascina, per la quale pagavano un salato affitto. I filari di gelsi, la raccolta dei bachi da seta, la vendemmia. Momenti di infanzia dura e felice.
Ma il dolore più grande, il suo primo schianto, è dietro l'angolo. Anzi, in fondo ad una fossa dove il papà e lo zio hanno messo la calce viva per rifare la stalla.
“...taci, ti prego...”. La curiosità attira la sorellina di otto anni che ci finisce dentro e il padre, in un atto che solo un genitore può compiere, salta dentro anche lui per tirarla fuori. Lisetta ricorda quando estraggono la bimba dalla calce viva, nera, con la pelle a brandelli. Il padre rimane ustionato fino alla cintola. Moriranno nella notte. E con loro l'infanzia di Lisetta.
La mamma, mancato l'aiuto dei parenti che non possono sobbarcarsi il mantenimento di una vedova e i suoi tanti figli (come in sogno le parole dello zio: “Non posso mica mantenere gli asini degli altri”), la mette sul treno con cinque lire, una fetta di polenta e il suo cuore a pezzi.
“...taci, ti prego....”. Rinasce a Bari dove è mandata a servizio all'età di dodici anni presso una facoltosa famiglia. E lì inizia a pulire la “cracia”, la sporcizia. Come donna di servizio ha il compito di badare ai figli della padrona, pulire la casa, lavare la biancheria, fare la spesa. Ma trova anche il tempo di farsi notare in paese perché, rubata la bicicletta al padrone, se ne va pedalando intorno alla caserma dei Carabinieri. “Bari, maggio 1935, sconosciuta pedala sfrontatamente intorno alla caserma dei Carabinieri”. Probabilmente troverei la notizia su qualche giornale locale dell'epoca!
“Adesso ti conto, così ridi...”. Ride, Lisetta. Ride con gli stessi occhi birichini dei suoi dodici anni. Ride della sua marachella, del padrone che stupito le ha chiesto se veramente sapeva pedalare. Dopo qualche anno torna a casa, restituisce le cinque lire alla madre e continua il suo lavoro a servizio presso le famiglie del posto. Lava e pulisce tutto il giorno, sempre a servizio, per tutta la vita.
Arriva la guerra e con la guerra i russi, che invadono tutto. Le bestie, li chiama Lisetta, ricordando quando tutte le ragazze dovevano dormire insieme nella camera della padrona, per stare vicine e dividersi la paura quando le bestie venivano a cercarle di notte. Prendevano tutto: il rame, le biciclette, la carne, il frumento, il formaggio. Mangiavano aglio in quantità e poi ballavano e suonavano tutta la notte. La puzza invadeva ogni angolo della cascina. Ogni notte nella cascina vicina, che era stata presa dalle SS, sparavano, ma sparavano pallottole che le ferite si infettavano tutte e buttavano fuori sangue e non si fermava.
“...taci, ti prego....”. I bombardieri che passavano per andare il Germania facevano tremare la terra e gli animali si spaventavano. Perché gli animali sentono prima di noi. Tanta è l'impressione di quanto accadde molto tempo dopo, che il suo racconto balza direttamente a quel giorno e a quella ora.
Per tutto il giorno gli animali sono stati inquieti. Alle ore 21,06 di giovedì 6 maggio 1976, un terremoto di eccezionale intensità ha sconvolto il Friuli. Quasi mille vittime e migliaia i feriti. Numerosi comuni, per un raggio di 60 km dall'epicentro, sono stati investiti dal sisma. La scossa è durata 50 secondi. Questo breve, ma lunghissimo lasso di tempo è stato sufficiente per causare gravi danni alle abitazioni e alle infrastrutture. L'epicentro è stato localizzato presso Tolmezzo, a otto chilometri a nord di Carnia sul Tagliamento. Il sisma è stato stimato dell'ottavo/decimo grado della scala Mercalli. La forza devastatrice ha interessato i comuni di: Maiano, Buia, Gemona, Osoppo, Magnano, Artegna, Colloredo, Tarcento, Forgaria, Vito d'Asio e molti altri paesi della pedemontana.
Lisetta ha il marito in ospedale, dializzato. Dopo sei giorni e sei notti di assistenza ininterrotta, il genero la viene a prendere per portarla a casa. Racconta che suonavano le nove, mentre la loro auto entrava in paese. Il caldo era afoso. Un caldo eccezionale per essere alla fine di maggio. A casa, nella parte alta del paese, ad aspettarli c'erano la figlia e i due nipoti con il morbillo. Ad un tratto l'auto si fece ingovernabile e iniziò l'incubo. La montagna divenne di fuoco e tutto intorno a loro crollò. Scesi spaventati dall'auto, a piedi cercarono di raggiungere la casa che per fortuna rimase in piedi. Tutte le case della stessa via caddero in pezzi. Sotto le macerie rimasero decine di persone. “...taci, ti prego...”.
Lisetta elenca i suoi vicini di casa, come un rosario, ancora presenti nelle sue preghiere. Marisa che aspettava un bimbo. La famiglia di Armando, erano in sei. Il macellaio, sua moglie e la bimba appena nata. Don Martino, trovato ancora nel suo letto. Di tutti gli abitanti della via si salvò solo una vedova che rimase impietrita dalla paura sotto un trave che resse allo scossone. Lisetta sorride, anzi sogghigna: proprio solo quella vecchia bisbetica poteva sopravvivere ad un terremoto! Non è cattiveria, è reazione al dolore, allo sbigottimento che ancora adesso traspare dal racconto di quella sera dannata. Un grande rombo, lo scossone, interminabile e poi il silenzio, per qualche secondo. E poi le sirene, il fuoco, le urla. La nottata passata in auto, con il nipotino in braccio che un po' per lo spavento, un po' per il morbillo: “Adesso ti conto, così ridi...... mi ha pisciato addosso tutta la notte, ero tutta fradicia!”. Di nuovo la voglia di sdrammatizzare. Della seconda scossa, quella del 15 settembre, racconta poco. Non c'era più nulla da distruggere, se non la roulotte nella quale vivevano. Per le dialisi del marito sono costretti a venire a Torino. Lisetta assiste il marito negli ultimi pochi anni di malattia.“Taci, ti prego...”. Furono anni difficili di viaggi, di sofferenza e di sacrifici. La malattia, la ricostruzione e infine la morte del marito.
ùRinasce al fianco di don Emilio. Conosciuto in ospedale, lo aiuta a sistemare la parrocchia di Torino nella quale è stato trasferito e da allora non lo abbandonerà più. Don Emilio cambierà di nuovo parrocchia e Lisetta ricomincerà da capo a pulire e sistemare: “Si vede che il Signore vuole che pulisca tutte le parrocchie di Torino!”. In effetti il suo destino sembra proprio quello di essere sempre a servizio di qualcuno, di pulire le cose di qualcun altro, di accudire la casa di qualcun altro. Ma ora Lisetta ci tiene marcare la differenza. Dice che ora lei è volontaria, nessuno la obbliga, non ha padroni. Ciò che fa, lo fa per riconoscenza e perché le piace e ha voglia di farlo. C'è orgoglio nelle sue parole, senso di riscatto da una vita passata sotto padrone, consapevolezza di aver tanto vissuto e tanto avventurosamente.
Indimenticabile la sua risata spontanea quando Evelina le chiede se le piace fare la perpetua. Lei si trattiene un attimo e poi, contenta dice: “No cara, non sono mica una perpetua. Io sono una libera professionista!”
Evelina ride ancora al pensiero di Lisetta, mentre la osserva indaffarata nella casa del Don. Lascia la panchina sotto l'ippocastano e si avvia verso casa. Per la strada che si infila nel bosco incrocia una donna infagottata nel cappotto. Dalla grande sciarpa spuntano gli occhiali e un ciuffo di capelli cenere. Incrociandosi si salutano e a Evelina scappa un pensiero, un ricordo. Si volta a guardare la donna che di spalle si allontana ed è allora che capisce. Non può farla andare via senza sapere. Ogni persona che incontra è uno scrigno colmo di tesori.
Ogni giorno incrociamo sguardi di donne sconosciute, ma raramente ci soffermiamo a pensare chi stiamo guardando. Lo sguardo annebbiato di una vecchietta al supermercato, lo sguardo arrabbiato di una donna nel traffico. Gli sguardi che si scambiano madre e figlia, lo sguardo perso nel vuoto di una donna sul tram. Dietro a quegli occhi ci sono le storie che Evelina vorrebbe conoscere.
Così Evelina entra nella storia di Susanna, la donna che ha attraversato la storia italiana dell'ultima metà del XX secolo....