Questa questione del caco la si prende che sembra una banalità romantica e invece penso sia una cosa grande, di quelle che danno da pensare.
Gli interventi di Alessandro, Floriana, Laura, Mati su questo sito e la
richiesta di incontro urgente del gruppo lcuppt focalizzano il tema; se li mettete insieme a quanto avevo scritto sul piano regolatore ne viene fuori un miscuglio esplosivo.
Proverò ad analizzarne un pezzo, procediamo per gradi.
Inanzitutto la questione del caco, che si riassume in poche righe, per quanto l'ho capita io:
per fare posto ad un garage (o meglio, al suo ingresso) per i mezzi dell'AIB (anti incendi boschivi) che non possono più stare dove sono si asfalta il cortile della biblioteca e si tira giù il caco. Se le cose stanno così, sono relativamente semplici da capire; non certo da giustificare.
Assisteremo perciò ad un semplice passaggio: quella che era un'area verde di utilizzo pubblico diventerà un'area asfaltata per il passaggio dei mezzi meccanici. Tanti amministratori ricordano il caco perchè lì c'era l'asilo che frequentavano; l'
"albero a cui tendevano la pargoletta mano" verrà da loro stessi abbattuto con poco riguardo per le smancerie sentimentali; siamo uomini (anzi, amministratori) e non cediamo a queste piccolezze, quando in gioco c'è il fulgido futuro della Nazione (pardon, del comune).
Il ragionamento sotteso è: meglio asfaltare un prato e un caco piuttosto che pagare l'affitto di un garage. Si saranno chiesti i nostri amministratori: i cittadini saranno d'accordo? Davvero per tutti è meglio rinunciare al cortiletto interno, ad uno spazio pubblico sociale, per fare spazio al passaggio di un garage?
Il
link postato da Mati riporta l'uso del giardino per una bella giornata con i bambini; mi sembra molto importante che un ambiente 'sociale' come questo con la biblioteca e le associazione abbia uno spazio verde che ne valorizza l'anima; non voglio esagerare ricordando l'importanza archetipica fondamentale dei cortili interni vegetali, che rappresentano la vita, il cuore pulsante dell'edificio, così com'è palese nei chiostri di preghiera; e se passate a Torino girando da via Garibaldi per via (della contrada dei) Stampatori, date un'occhiata al meraviglioso cortile interno del palazzo Scaglia di Verrua: nei secoli hanno conservato un pezzo di prato, un albero, a significare il rigoglio dell'anima in quell'edificio.
E' una fortuna che gli Scaglia di Verrua non avessero avuto mezzi antincendio.
[Già che siete lì: guardate le due custodi, da secoli appena dietro al portone; non lesinate due carezze sulle corna o sul naso] La mentalità dei nostri amministratori è questa: pratica, la politica del fare, agire. Asfaltare. Probabilmente sono l'ultimo dei romantici, però io che non ho frequentato l'asilo nei pressi del caco, a quel caco ci tengo: mi sembra importante che un locale destinato a scopi sociali conservi la naturalità e la memoria che quell'ambiente può dare. Non c'è nessuna altra soluzione per dare un tetto ai mezzi dell'AIB? L'amministrazione non riesce a trovare nessuna altra soluzione? Non mi sembra possibile, non mi sembra vero che dei lacassesi doc non ci pensino due volte ad eliminare uno dei luoghi della loro memoria.
Anche la modalità di estinguimento di un capitale sociale a favore di un interesse economico è paradigmatico di una politica che è più declinata a destra che a sinistra; non si raccontino fandonie sulla apolicità delle giunte quando sono gli atti concreti a battezzarle.
A La Cassa sembra che tutto si muova in questa direzione; l'ambiente, vero tesoro di questo territorio, viene trattato come oggetto di sfruttamento economico, e ben poco viene dedicato a conservarlo e migliorarlo;
anzi, spesso si procede in senso contrario. Tutto ciò che è capitale sociale lo si devolve a favore del privato interesse economico, nonostante sia ormai indubitabilmente dimostrato che questa sia la via verso la miseria.
L'abbiamo visto con il piano regolatore; non volevo certo mettere l'accento solo sul piccolo esempio citato, ma
moltiplicato per tutte le 'aree di espansione' previste, zone prima non edificabili a prato e bosco ed ora diventate edificabili può dare un'idea degli interessi sottesi: centinaia di migliaia (o milioni?) di euro dedicati a cementificare il territorio (se preferite: urbanizzare, tanto per l'ambiente non cambia nulla) e a spostare valore economico dalla comunità dei cittadini alle tasche dei privati.
La politica del fare.
Molte delle persone che hanno amministrato il nostro comune, sentite sull'argomento, hanno risposto con piglio rassicurante che non devo preoccuparmi: tanto ormai abbiamo raggiunto il massimo dell'espansione possibile; per la forma e la tipologia del terreno di La Cassa non si può costruire nulla più.
Mi sembra una delle risposte più dementi che abbia mai sentito, che denuncia insieme la limitatezza della visione e la mentalità angusta da cui proviene.
Cosa vuol dire che 'non si può costruire oltre'? Significa che dati i limiti delle legislazioni vigenti abbiamo
cementificato urbanizzato tutto il possibile. Cioè non sono stati gli amministratori di La Cassa a definire una modalità organica di sviluppo del territorio, sono state le legislazioni superiori a farlo. Se queste ultime avessero consentito un più incisivo uso dei suoli, l'amministrazione comunale, ben contenta, avrebbe asfaltato ancora più prati. E se non ci fossero stati i limiti legislativi che sarebbe successo? Avremmo diviso gli appezzamenti di tutto il territorio in parti uguali, una per ogni famiglia di La Cassa, e poi l'avremmo venduto tutto in un tripudio di soldi, impresari edili, pec e aree edificabili tra ali di cittadini festanti, per la gioia dei portafogli dei lacassesi, uccidendo tutto ciò che è vivo?
C'è un limite a tutto questo?
Se possiamo ancora continuare a vivere in un territorio sano non lo dobbiamo ai nostri amministratori, ma a chi ha imposto loro dei vincoli.
Vorrei convincermi del contrario; vorrei vedere negli occhi degli 'indigeni' amministratori lacassesi un lampo di gioia quando si preserva un pezzo del territorio, quando si strappa un lotto all'urbanizzazione, quando si promuove un'azione di difesa del territorio.
Quando si salva un caco.